giovedì 19 settembre 2013

Bellezze da ammirare...


Siamo prossimi a partire: zaino in spalla, questa volta le bici lasciamole in cantina. Scarpe comode, c'è da salire. Ci sarà da sudare, ci sarà da ammirare. Il Gigante si lascia toccare, si lascia calpestare da chi nutre rispetto: proveremo a domarlo, ci raccomanderemo a lui. Come hanno fatto già grandi personaggi della storia, di passaggio nei loro Grand Tour. E se ritrovassimo l'eremita?

5 gennaio 1804

Oggi, 5 gennaio, sono partito da Napoli alle sette del mattino; ora sono a Portici. Il sole è libero dalle nuvole di levante ma la punta del Vesuvio è sempre nella nebbia. Mi accordo con un cicerone per andare al cratere del vulcano. Mi fornisce due muli, uno per me e uno per lui, e partiamo.

Comincio a salire per un sentiero abbastanza largo, tra due vigneti appoggiati ai pioppi. Avanzo al nascente sole invernale. Al di sopra dei vapori scesi nella regione media dell'aria, la cima di qualche albero: sono gli olmi dell'eremo. A destra e a sinistra povere case di vignaiuoli in mezzo ai ricchi ceppi del Lacryma-Christi. Per il resto, dovunque una terra bruciata, viti spoglie insieme a pini a ombrello, qualche aloe sui bordi, numerosi sassi rotolanti, nessun uccello.

Arrivo al primo pianoro della montagna. Da­vanti a me si stende una pianura nuda. Intravedo le due bocche del Vesuvio: a sinistra la Somma, a destra quella attuale del vulcano. Le due bocche sono avvolte da pallide nuvole. Avanzo. Da un lato la Somma si abbassa, dall'altro comincio a distinguere i solchi tracciati nel cono del vulcano sul quale mi accingo a inerpicarmi. La lava del 1766 e del 1769 copre la piana sulla quale cam­mino. E un deserto affumicato dove la lava, spu­tata fuori come scorie di fucina, presenta su un fondo nero una schiuma biancastra simile a mu­schio essiccato.

Continuando la strada a sinistra e lasciando a destra il cono del vulcano, arrivo ai piedi di una costa, anzi di un muro di quella lava che ha se­polto Ercolano. Questa specie di muraglia è pian­tata a viti sul margine della piana e dall'altra parte presenta una valle profonda ricoperta da un bosco ceduo. Il freddo si fa pungente.

Salgo lungo la collina per arrivare all'eremo che si vede dall'altra parte. Il cielo si abbassa, le nuvole volano sulla terra come un fumo grigia­stro o come ceneri sospinte dal vento. Comincio a sentire lo stormire degli olmi dell'eremo.

L'eremita è uscito a ricevermi: ha preso le briglie della mia mula e io ho messo piede a terra. L'eremita è un uomo grande, di piacevole aspetto, dal viso aperto. Mi ha fatto entrare nella sua cella, ha steso una tovaglia e mi ha servito del pane, delle mele e delle uova. Si è seduto di fronte a me con i gomiti sulla tavola e ha parlato tranquillamente mentre io mangiavo. Intorno a noi le nuvole si erano addensate da ogni parte, tanto che dalla finestra dell'eremo non si distin­gueva più niente. Nell'abisso di vapori non si sen­tiva altro che il fischio del vento e il rumore lontano del mare sulle coste di Ercolano: scena se­rena dell'ospitalità cristiana in una celletta, ai piedi di un vulcano e in mezzo a una tempesta!(François Renè de Chateaubriand)

2 commenti:

  1. ciao a tutti ci sono novità sull'itinerario?

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  2. Ciao Gianluca...il programma è in via di definizione; nei prossimi giorni lo pubblicheremo e lanceremo l'iniziativa che vedrà coinvolta (anteprima) anche Legambiente Parco del Vesuvio. Cominciamo un pò di sinergie! Comunque, tenetevi pronti che si parte! :D

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